Saline

Le saline di Strugnano sono le più settentrionali e le più piccole del Mediterraneo, dove il sale di Pirano si produce con il metodo tradizionale da oltre 700 anni.

Gli impianti per la produzione di sale sono diffusi sulle coste dell’intero bacino Mediterraneo, dall’Atlantico al Mar Rosso. Attualmente ci sono circa 150 saline di diverse categorie in 18 paesi mediterranei, 90 tra queste ancora producono il sale, mentre 64 sono inattive o abbandonate e solo tre nell’intero Mediterraneo hanno lo status di zona protetta: in Cipro, Slovenia e Italia.

Le saline di Strugnano furono create sistemando il bassofondo della Baia di Strugnano mediante la costruzione di dighe, canali e bacini. Rappresentano un incomparabile elemento paesaggistico tra il mare e la terra, tra il cielo e il suolo. Il loro ruolo fu inizialmente commerciale, ma con il passare del tempo divenne culturale ed ecologico. Oggi, infatti, le saline sono un baluardo del patrimonio culturale e soprattutto aree di tutela della natura, perché compongono un ambiente di vita straordinario abitato da affascinanti piante e animali che sono riusciti ad adeguarsi alle condizioni estreme delle saline.

Per queste ragioni le saline di Strugnano sono protette come monumento naturalistico e culturale situato all’interno del Parco naturale Strugnano.

Alcuni contenuti legati alla storia e produzione di sale sono basati sui dati forniti alla pagina web del Parco Naturale delle Saline di Sicciole. Per ulteriori informazioni sul tema, consultate la pubblicazione Spoznajmo soline di Iztok Škornik (formato .pdf in sloveno).

Cenni storici

Le saline di Strugnano, storicamente, facevano parte di quelle piranesi. Queste furono menzionate indirettamente già nell’804 nel Placito di Risano, ma la prima fonte scritta nella quale furono esplicitamente registrate furono gli Statuti cittadini di Pirano del 1274. I documenti, nei quali erano citate le saline di Sicciole, Lucia e Strugnano, definivano il decreto sulla regolazione delle saline e sul diritto della città di Pirano a produrre e commercializzare il sale.

Nel 1358, sull’esempio delle saline dell’isola di Pago, anche in quelle piranesi si cominciò a produrre il sale in bacini rivestiti da uno strato microbiologico detto petola, che impedisce che il sale si mescoli con il fango marino dei fondi, mantenendolo puro e bianco.

Nel 1460 le saline piranesi divennero le più grandi e più importanti dell’Adriatico nord-orientale e della Repubblica di Venezia, di cui facevano parte. Grazie alle entrate dovute alle abbondanti raccolte, si realizzarono grandi interventi di infrastrutture che assicurarono a Pirano una buona posizione economica e prosperità per altri 300 anni. Non per niente si dice che “Pirano è cresciuta sul sale”.

Con la caduta della Serenissima nel 1797,le saline istriane passarono sotto l’amministrazione della monarchia austriaca, la quale nel 1814 dichiarò il monopolio statale sul commercio del sale. Ciò determinò l’espansione del mercato delle saline piranesi e, conseguentemente, di quelle strugnanesi. Inoltre, gli austriaci incrementarono il numero di bacini di cristallizzazione e costruirono i magazzini del sale che si sono conservati a tutt’oggi.

Nel 1903 i campi di sale nelle saline di Strugnano, al tempo ancora di proprietà privata di 19 famiglie del posto, furono acquistati dall’Impero austro-ungarico, il quale divenne così il proprietario delle saline di Pirano nella loro interezza. Impiegò degli acquaioli, tecnici di manutenzione e salinari, rimpiazzando così il sistema familiare della produzione di sale con quello statale. Ristrutturò poi gli impianti delle saline, introdusse l’utilizzo della scala di Baumé per misurare la densità dell’acqua madre, adottò il metodo della rimozione del sale con carriole e modernizzò le pompe eoliche.

Dopo la disintegrazione dell’Austria-Ungheria nel 1918, le saline di Pirano passarono sotto il governo italiano e subirono ulteriori modifiche. Nel 1945 furono incorporate nel Territorio libero di Trieste. Dopo che nel 1947 divennero parte della Jugoslavia, furono rinnovate un’ultima volta nel 1957,quando già perdevano la battaglia con le miniere di sale.

Nel 1960 l’Autorità mineraria presso il Segretariato del Consiglio esecutivo per l’industria e l’artigianato della Repubblica popolare di Slovenia dichiarò le saline di Strugnano come parte dell’area designata all’estrazione di minerali (sale marino) a scopi commerciali e rilasciò alla ditta “Piranske soline” Portorož la licenza per il loro sfruttamento.

Tra il 1961 e il 1988 le saline piranesi subirono diverse modifiche tecniche e amministrative, chiusero alcuni settori per la produzione di sale, continuarono a migliorare l’infrastruttura, senza però alcun cambiamento di rilievo.

Nel 1990 i comuni di Isola e Pirano fondarono nel territorio della Penisola di Strugnano il Parco naturale Strugnano, nel quale sono comprese anche le saline strugnanesi.

La produzione tradizionale di sale nelle saline di Strugnano

La struttura e funzionamento delle saline

Le saline di Strugnano furono costruite nella golena del torrente Roja, dopo che i depositi alluvionali all’estuario avevano elevato il letto del torrente, creando le condizioni necessarie per la costruzione dei campi di sale.

Nelle saline marittime, il sale si ottiene mediante la cristallizzazione per l’effetto dell’evaporazione dovuta all’irraggiamento solare e all’azione del vento.

Perché l’acqua di mare, detta anche acqua vergine, raggiunga un alto grado di saturazione e diventi acqua madre, deve compiere l’intero percorso delle saline, superando i tre livelli di concentrazione che avvengono nelle sue vasche. Secondo la loro funzione, i bacini si distinguono in vasche evaporanti e salanti. L’acqua vergine immessa dal mare viene condotta attraverso una serie di vasche evaporanti per permettere la diminuzione del liquido e il relativo aumento della concentrazione del sale in esso contenuto. La cristallizzazione del sale avviene alla fine, nella vasca salante, che è alimentata dall’acqua madre satura dalle caselle servitrici. Da questa, con ulteriore evaporazione, cominciano a precipitare i cristalli del cloruro di sodio. Ciò avviene quando la percentuale di NaCl nell’acqua madre raggiunge il 26% circa, ovvero quando la densità dell’acqua madre è pari a esattamente 25,5 °Bé.

Il percorso e il trasporto dell’acqua nelle saline

L’acqua di mare necessaria per la produzione di sale viene attinta dalla Baia di Strugnano con l’alta marea. L’afflusso indesiderato di acque esterne viene impedito dai canali che delimitano le saline e dagli argini. Il sistema della circolazione dell’acqua è composto da una rete di canali di alimentazione e di scarico, impianti idrovori, chiuse per regolare i flussi e la chiusa principale con saracinesche bidirezionali per il riempimento dei bacini e svuotamento dell’acqua direttamente nel mare o in canali a esso collegati.

I canali per il trasporto dell’acqua nelle saline di Strugnano, costruiti con i sedimenti dei depositi alluvionali del torrente Roja, sono soggetti all’erosione, che è particolarmente rapida durante rovesci di pioggia e quando il vento causa le onde nelle vasche allagate. Per mitigarne gli impatti, le sponde degli argini sono parzialmente rivestite di legno o pietra e in un certo modo aiuta anche la vegetazione sparsa e irregolare che copre le superfici più estese.

Le saline marittime sono un impianto tecnologico il cui mantenimento in buone condizioni è cruciale non solo per il funzionamento dello stesso ma anche per l’ambiente nelle immediate vicinanze. Gli argini delle saline, infatti, costituiscono anche una protezione delle superfici interne, le zone residenziali e i terreni agricoli e l’arteria stradale che li collega.

La coltivazione della petola

I bacini per la produzione di acqua madre nell’area di evaporazione hanno un fondo argilloso, mentre nei bacini di cristallizzazione il fondo è rivestito da petola.

La petola è uno strato solido, spesso da 1 a 2 cm, composto da cianobatteri (Microcoleus chthonoplastes) e altri microorganismi, gesso, minerali carbonati, alghe e, in minor misura, argilla. La petola compie un ruolo doppio: in primo luogo protegge il sale dall’inquinamento con il fango marino sul letto della vasca salante e, in secondo luogo, agisce da filtro biologico, impedendo che gli ioni di ferro e manganese si incorporino nel sale.

Il metodo di produzione di sale che si basa sull’utilizzo di un sostrato microbiologico coltivato artificialmente fu introdotto dalle nostre parti nel Trecento dall’isola di Pago e costituì una pietra miliare, forse la più importante, nello sviluppo delle saline di Pirano.

Infatti, il tempo incostante nella nostra regione litorale impone una raccolta continua del prodotto man mano che esso è pronto, per metterlo al riparo dalle frequenti piogge pomeridiane. Ma lo strato di sale che si forma in un giorno è spesso solo un cristallo, e rastrellandolo dal fondo delle vasche salanti spesso si contamina con particelle del fondo argilloso.

Nella produzione di sale con l’utilizzo della petola, invece, la superficie del fango marino steso sui letti dei bacini di cristallizzazione nel giro di poche settimane viene colonizzata dalle alghe e dai cianobatteri che come una crosta protettiva impediscono il contatto diretto tra il sale e il fango, permettendo così la produzione di un sale puro e bianco, privo di impurità persino in un ambiente dove la raccolta diurna è una necessità.

Gli attrezzi e i metodi di lavoro

Gli attrezzi quotidianamente usati dai salinari sono fatti in legno naturale non verniciato o altrimenti trattato con agenti chimici. Occasionalmente vengono utilizzate pale in alluminio per scaricare e caricare il sale.

Le vasche sono generalmente alimentate per gravità, ma se il dislivello dei terreni non è sufficiente a permettere il normale scorrimento, le pompe elettriche intervengono a regolare il flusso delle acque. Nell’area di cristallizzazione si adoperano tecniche manuali tradizionali in uso per la lavorazione dei terreni argillosi e la coltivazione della petola.

Il lavoro del salinaro

Nelle saline di Strugnano il sale viene raccolto solo nei mesi estivi e solo dalle piccole vasche salanti, ma la cura per il sale è un lavoro che dura tutto l’anno.

A metà marzo, quando le condizioni sono adatte per far crescere la petola come un denso tappeto algale, i salinari cominciano a ricoprire i letti delle vasche salanti con uno strato di fango marino (nel gergo salinaro chiamato concime). L’applicazione del fango deve essere completata prima della quarta settimana di aprile, quando è ora di consolidare i fondi delle vasche salanti (dette cavedini) e mettere in coltura le saline. Prima e dopo l’applicazione del fango i salinari regolano anche la circolazione dell’acqua per provvedere a una crescita ottimale del rivestimento algale.

La produzione di sale si estende da maggio a metà settembre. Una volta che si è ottenuto il nuovo tappeto di alghe, si prosegue con la pulizia delle vasche salanti lavandole e strofinandole con rastrelli in legno (gaveri). Nel frattempo, la petola, un interlacciamento di microorganismi, carbonato di calcio e gesso, è diventata un tessuto marrone-nero, ruvido e compatto.

La campagna salifera, che dura da giugno a metà settembre, è frutto degli sforzi compiuti e un periodo di preoccupazioni legate all’andamento meteorologico. Se arriva la pioggia, tutti i lavori e le spese saranno stati vani: nella produzione tradizionale del sale è la natura che detta le regole Normalmente, però, il salinaro riunisce il sale con il gavero in diversi cumuli bassi e larghi nei bacini stessi, dove il sale viene lasciato a scolare, poi lo carica con cura su un vagoncino (detto cariolo) e lo trasporta sull’aia, dove lo scarica lasciandolo a essiccare completamente.

Non per niente i vecchi salinari dicevano che “il sale si fa d’inverno”. A fine estate cominciano i lavori del dopo stagione: la regolazione del movimento delle acque nell’area di cristallizzazione mediante le chiuse in legno e dei flussi per mezzo di pompa o gravità; i lavori di movimento terra, manutenzione e riparazione nei campi di sale; la sostituzione di attrezzi in legno usurati e fuori uso; la manutenzione dell’infrastruttura. Queste attività si svolgono da metà settembre a metà marzo, e poi il ciclo di lavori si ripete.

Tipi di sale

In base al tempo della formazione, il grado di salinità dell’acqua madre al momento della formazione e il contenuto di cloruro di sodio (NaCl), calcio e magnesio nella sostanza secca, si distinguono diversi tipi di sale.

Il primo sale

Si forma all’inizio della stagione o si inoltra nella stagione quando questa viene spesso interrotta dalla pioggia. Il tasso di salinità dell’acqua madre nelle vasche salanti, con immissioni, si aggira tra i 25 e i 27° Bé, il contenuto minimo di NaCl è pari al 97% sulla sostanza secca, la percentuale complessiva di calcio e magnesio in essa non supera lo 0,4%.

Il sale tradizionale

Questo si forma quando la produzione si è consolidata grazie a un periodo di tempo stabile e un flusso ininterrotto di acqua madre saturata nelle caselle servitrici. Il tasso di salinità dell’acqua madre nelle vasche salanti, con immissioni, raggiunge fino ai 29° Bé, il contenuto minimo di NaCl è pari al 95% sulla sostanza secca, la percentuale complessiva di calcio e magnesio in essa è almeno dello 0,4%.

Il sale di Pirano

La produzione di questo sale è resa possibile da lunghi periodi di tempo stabile. Il tasso di salinità dell’acqua madre è più alto, tra i 28 e i 31° Bé, permettendo la precipitazione di quantità elevate di vari minerali (calcio, magnesio, potassio, bromo, ferro). La raccolta del prodotto è faticosa, poiché per la minuzia dei cristalli il sale non si lascia ammassare in mucchi. Il contenuto minimo di NaCl è pari al 95% sulla sostanza secca, la percentuale complessiva di calcio e magnesio in essa è almeno lo 0,55%.

La qualità e la composizione minerale del sale possono variare considerevolmente. Dipendono dalla qualità della petola che riveste le vasche salanti, dal grado di salinità dell’acqua madre preparata per la cristallizzazione e dal grado di salinità dell’acqua madre nel momento stesso della cristallizzazione, il che, a sua volta, dipende largamente dal tempo e dalle abilità dei salinari.

Fior di sale

Nei periodi di calma, il fior di sale appare sulla superficie dell’acqua madre come una crosta sottile e fragile di cristalli di colore da bianco a rosa pallido nella formazione tipica di piramide invertita. Può affiorare in qualunque parte dell’area salante, ma il migliore cresce nelle acque madri caratterizzate da concentrazioni più alte. Il contenuto minimo di NaCl è pari al 96% sulla sostanza secca, la percentuale complessiva di calcio e magnesio in essa è almeno lo 0,22%.

Tipicamente, il fior di sale ha una piccola densità apparente, per cui richiede il doppio dello spazio occupato dalla stessa massa di sale evaporato. Più fini sono i cristalli, più fine è la qualità del prodotto. Il fior di sale, se rimane inutilizzato troppo a lungo, tende a raggrumarsi. Si distingue dalle altre varietà di sale per la sua leggerezza e fragilità, infatti, si sgretola facilmente tra le dita.

Reso famoso dagli chef francesi, oggigiorno il fior di sale è apprezzato dai buongustai di tutto il mondo per il sapore delicato che conferisce alle pietanze se aggiunto, appena prima di servire, per esaltarne i gusti.

La natura nelle saline

L’area delle saline di Strugnano e della laguna di Chiusa fa parte di Natura 2000, la rete europea di zone di importanza ecologica, poiché qui l'attività della produzione di sale ha fornito le condizioni per lo sviluppo della biodiversità in un ecosistema estremamente importante: la zona umida di acqua salata.

Il clima submediterraneo, l’alta salinità dell’acqua nelle vasche poco profonde e la produzione di sale con metodi artigianali creano una situazione ecologica specifica nella quale sopravvivono solo gli organismi meglio adattati.

Con lo scopo di conservare questo biotopo, il regolamento sul Parco naturale Strugnano prescrive quindi la manutenzione e rinnovo atti a garantire un regime delle acque costante nelle saline e con esso la diversità degli habitat delle specie vegetali e animali caratteristiche delle zone umide costiere con acqua salata, salmastra o dolce.

La fauna delle saline

Le saline di Strugnano e la laguna di Chiusa rappresentano uno spazio di vita importante per gli uccelli. Ecco un piccolo riassunto della comunità di uccelli acquatici nell’area delle saline:

  • Il migliarino di palude (Emberiza schoeniclus), come si capisce dal suo nome italiano, è tipico degli ambienti palustri, di canneti e acquitrini, ma si può incontrarlo anche in habitat più secchi e in giardini. In Slovenia è una rara specie stanziale, con una popolazione di 200-400 coppie in estate e 1000-2000 coppie in inverno.
  • La pantana (Tringa nebularia) è un uccello limicolo delle paludi ed estuari. Di piumaggio grigiastro, facilmente identificabile dalle lunghe zampe verdi e da un lungo becco grigio lievemente curvato all’insù. In Slovenia è un abituale uccello di passo, più numeroso in autunno.
  • Il cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus) è un limicolo bianco e nero, esile e longilineo, con zampe lunghissime, il capo graziosamente arrotondato e un lungo e affilato becco nero. Durante il volo, le sue zampe di un intenso rosso sporgono rispetto alla lunghezza del corpo. È una specie estiva in varie regioni dell’Europa, prevalentemente costiere, predilige però paludi salmastre.
  • La garzetta (Egretta garzetta) frequenta regolarmente la laguna di Chiusa e le saline di Strugnano. Facilmente riconoscibile dal suo becco nero aguzzo e zampe nere a piedi gialli, si fa notare anche per la sua snellezza ed eleganza particolare. Più raramente si può avvistare il suo parente airone bianco (Ardea alba), che si distingue dalla garzetta in termini di dimensione, ma anche dal colore giallo del becco e delle zampe. In inverno, i due sono spesso affiancati dall’airone cenerino (Ardea cinerea), impossibile da perdere da queste parti.
  • Il gabbiano corallino (Ichthyaetus melanocephalus) si caratterizza per la sua livrea pallida, il becco rosso, massiccio e curvato all’ingiù, e le zampe rosse. L’adulto nel piumaggio estivo ha un cappuccio completamente nero, esteso fino al collo e con un anello perioculare bianco ben visibile. D’inverno il cappuccio nero scompare, ne rimangono tracce dietro l’occhio e delle sfumature sul capo. D’estate, i gabbiani corallini nelle saline di Strugnano sono una vera attrazione quando si raggruppano in stormi fino a 300 esemplari. Oltre al gabbiano corallino, è possibile incontrare in quest’area anche il gabbiano reale zampegialle (Larus michahellis) e il gabbiano comune (Chroicocephalus ridibundus). Quest’ultimo viene spesso scambiato per il gabbiano corallino. La differenza principale tra le due specie sta nel colore delle estremità alari, che nel gabbiano corallino sono bianche, nel gabbiano comune, invece, nere.
  • Il germano reale (Anas platyrhynchos) è la più diffusa tra le specie di anatre selvatiche, presente tutto l’anno in habitat molto diversi, dalle paludi e corsi d’acqua remoti agli stagni nei parchi e giardini in centri cittadini. Il maschio, in livrea nuziale, differisce molto dalla femmina. Ha la testa e il collo di un verde scuro brillante, con un collare bianco e il petto bruno rossiccio. Il dorso e le ali sono grigio chiaro. La colorazione della femmina è simile a quella di altre specie di anatre di superficie. Si riconosce dal sopracciglio marrone scuro, da una striscia scura che attraversa l’occhio e dal becco di colore ardesia. Il suo piumaggio è tipicamente striato e maculato, molto mimetico per l’ambiente in cui vive, soprattutto nel periodo di cova.
  • Il martin pescatore (Alcedo atthis) è un uccello particolarissimo che il più delle volte notiamo solamente come una figura sfuggevole in volo radente sulla superficie dell’acqua. Sebbene viva sempre vicino a corsi d’acqua dolce, in inverno possiamo incontrarlo anche a Strugnano, nelle saline e nella laguna. I colori del piumaggio sono carichi: azzurro con iridescenze sulle parti dorsali, testa, ali e coda, bruno-arancio sul petto e ventre.

Ma gli uccelli sono lontano dall’essere gli unici abitanti delle saline. Nelle basse acque salate vivono policheti, granchi, gamberetti, molluschi, larve di alcuni tipi di mosche e tantissimi altri piccoli animali appetibili per la popolazione pennuta del posto.

  • Il bivalve cuore di laguna (Cerastoderma glaucum) colonizza i sedimenti sabbiosi e fangosi con residui di gusci. Di solito vive in dense popolazioni nelle lagune, delta di fiumi, stagni e nei canali delle saline, appena sotto la superficie, parzialmente insabbiato e con la parte superiore emersa. Quando le onde del mare lo portano a riva, usa il piede per saltare nuovamente nell’acqua. La conchiglia, dura e arrotondata, presenta costolature molto pronunciate, il suo colore varia dal bianco al grigiastro e nella parte posteriore è olivastro. Il mollusco, che raggiunge i 5 cm di diametro, è diffusissimo nell’Adriatico e anche commercialmente importante. È commestibile, ma si utilizza più spesso come esca per pesci e nella produzione di souvenir.
  • La corbola (Upogebia litoralis) vive nascosta in gallerie che scava soprattutto nel fango molle argilloso delle coste piane (come le superfici spoglie e orizzontali intorno alle saline o il fondale della laguna) che sono esposte con la bassa marea. Normalmente esce dalle gallerie soltanto di notte. Il corpo del crostaceo è allungato, tenero e bianco, raramente di sfumature rosate o bluastre. Le specie presenti nel mare sloveno raggiungono i 5 centimetri di lunghezza.
  • L’Ephydra riparia è una mosca d’acqua salata di colore verde metallizzato, che si può più frequentemente incontrare nelle saline e in spiagge coperte da depositi di alghe. La famiglia degli Efidridi comprende intorno a 1000 specie di mosche, soprattutto tropicali e nordamericane, in Europa ne sono state registrate circa 200. Gli esemplari adulti vivono nell’erba e su altri tipi di vegetazione in posti umidi o vicino a masse d’acqua in movimento o stagnanti, le larve vivono anche nei fusti e nelle foglie di piante acquatiche delle acque dolci o salate.
  • Notomastus latericeus è una delle specie di policheti sedentari, la più comune della famiglia dei Capitellidi e in Slovenia presente nell’intero territorio marino. Preferisce il fondale sedimentario molle nel quale scava gallerie temporanee, contribuendo così alla movimentazione e aerazione del sostrato. Da detritivoro si nutre di materia organica particolata e non vivente depositata sul fondale, generalmente ingerendola mescolata con la sabbia e il limaccio. In questo modo accelera il rientro dei residui della decomposizione organica nel circolo della vita.
  • Il nono (Aphanius fasciatus) è un piccolo pesce che raggiunge appena i 5 cm. Vive nelle saline, nei fossati vicino al mare e in prossimità delle foci dei fiumi. Si nutre di gamberetti della specie Artemia  parthenogenetica e altri piccoli invertebrati. Il maschio è variopinto e striato, con pinne gialle e una marcata banda scura nella pinna caudale. Soprattutto nel periodo della riproduzione il suo aspetto vivace contrasta fortemente con la colorazione smorta della femmina. In estate, la popolazione di questa specie nelle saline può raggiungere diverse centinaia di migliaia di individui, ma tanti di loro periscono. I predatori principali di A. fasciatus includono gli aironi, garzette e gabbiani. I pesci passano l’inverno seppelliti nel fango molle o sotto il denso tappeto algale delle saline.

La flora delle saline

Le alofite o piante alofile sono vegetali adattati ai suoli con concentrazioni elevate di sostanze minerali rispetto a suoli ordinari. I suoli ad alta salinità sono presenti sia sulle coste sia all’interno del continente.

Nel corso della storia geologica, le pianure di sale continentali si formarono come conseguenza di un clima estremamente arido. Successivamente, gli spostamenti tettonici le ricollocarono sotto terra e oggi vengono sfruttate come miniere di sale. Nei tempi moderni, invece, la salinizzazione dei terreni avviene a causa dello sfruttamento eccessivo del suolo con agricoltura intensiva e cattiva irrigazione. In Slovenia non ci sono pianure di sale continentali – quelle più vicine a noi si trovano nelle aree più aride della Pianura Pannonica, per esempio nell’Ungheria centrale e in Vojvodina (Serbia) – perciò le piante eurialine le incontriamo soltanto sulle coste marine.

I complessi vegetali (detti anche fitocenosi) più belli si sono sviluppati nelle saline (di Strugnano e Sicciole) e nelle zone umide costiere (Val Stagnon, i dintorni di Ancarano), ma i singoli esemplari di queste piante crescono anche sulla costa rocciosa naturale e nei frangiflutti, in porti vecchi e altre forme di costa artificiale.

  • La salicornia fruticosa (Sarcocornia fruticosa) è una succulenta perenne con foglie rudimentali squamiformi e fusti leggermente legnosi alla base. Nel periodo della fioritura non è particolarmente appariscente, dato che i fiori rudimentali sono sprofondati nella carnosità del segmento fertile, con solo gli stami a sporgere fuori. Ma di sicuro cattura la nostra attenzione in autunno, quando si colora di rosso. Fiorisce da luglio a ottobre.
  • La salicornia europea (Salicornia europaea) è l’alofita annua più diffusa nelle saline di Strugnano. Siccome il suo fusto è tenero e succoso, i salinari solevano includerla nella loro dieta quotidiana preparandovi una gustosa insalata. Fiorisce da luglio a settembre, discretamente come la salicornia fruticosa.
  • L’enula bacicci (Inula crithmoides) tradizionalmente cresce sulla costa rocciosa. In Slovenia, dove prevalgono altri tipi di coste, la troviamo su strutture costiere artificiali (in porti, su moli, eccetera), dove è abbastanza consueta. Nelle saline di Strugnano cresce in cespugli su dighe e lungo i canali più grandi, e singolarmente anche nelle rovine delle vecchie case dei salinari. Fiorisce da giugno a settembre.
  • Il limonio dalle foglie strette (Limonium angustifolium) è una pianta perenne con un rizoma spesso, foglie sempreverdi, carnose e coriacee, e piccolissimi fiori lillacini con antesi da luglio a settembre. Attraverso le ghiandole nelle foglie secerne il sale, visibile con il bel tempo in forma di cristalli a cubetti. Un tempo si usava molto raccogliere il limonio per bouquet di fiori secchi, tanto da minacciarlo di estinzione.
  • L'assenzio marino (Artemisia caerulescens) è un’alofita di suoli più aridi e diffuso in tutta la costa, cresce generalmente associato al limonio dalle foglie strette e anche alla porcellana di mare (Atriplex portulacoides). A un occhio non allenato l’assenzio può sembrare molto simile alla porcellana di mare, ma l’aroma di una foglia frantumata fra le dita lo tradisce subito. Fiorisce da inizio settembre a fine ottobre.
  • L’astro marino (Aster tripolium) è abbastanza diffuso nelle aree costiere, dove però non forma grandi complessi. È una specie tipica dell’acqua salmastra, che cresce sulle dighe delle saline. Gli astri fioriscono da giugno a ottobre, alimentando le farfalle fino all’arrivo del primo freddo. Non è però troppo insolito trovare esemplari in fioritura anche in pieno inverno.
  • Il finocchio marino (Crithmum maritimum) è una specie comune che cresce sulle coste rocciose, nelle crepe delle rocce e sui muri regolarmente spruzzati dalle acque del mare. Fiorisce a giugno e luglio. Ogni fiore produce un frutto ovoide, piatto e aromatico. Il finocchio si può usare come condimento, ma nel Parco naturale Strugnano non si raccoglie, poiché – come tutte le altre piante in quest’area – è una specie protetta.
  • La barba di frate (Salsola soda) cresce sugli argini di grandi dighe e in passato era una fonte importante di carbonato di sodio, che fino al XIX secolo si utilizzava per la produzione di sapone e nella lavorazione del vetro. Si dice che proprio la soda fondente delle alofite mediterranee donasse al famoso vetro di Murano quella speciale malleabilità che permise ai soffiatori di vetro veneziani di esprimere tutto il loro genio creativo. Ma più che dagli artigiani, oggi la barba di frate viene apprezzata dai gourmet, che la raccolgono selvaggia o la comprano coltivata come qualsiasi verdura. Fiorisce da luglio a ottobre.
  • L’atriplice comune (Atriplex prostrata) è una specie estremamente diffusa, che popola tutti i tipi di costa, anche quella caratterizzata da grande intervento umano. Facilmente identificabile dalle foglie lanceolate. In ottobre e novembre i semi dell’atriplice sono una fonte importantissima di cibo per numerosi uccelli granivori. Fiorisce da luglio a ottobre.

Una delle più diffuse fanerogame alofili nel Parco naturale Strugnano è anche la suaeda marittima (Suaeda maritima), presente in quasi tutti i tipi di fitocenosi. A differenza della gran parte delle alofite rintracciabili in Slovenia, non è stata inclusa nella Lista Rossa IUCN delle specie minacciate, nella quale figurano quasi tutte le specie qui presentate, più la spergularia marina (Spergularia marina), la puccinellia (Puccinellia palustris) e la logliarella ricurva (Parapholis incurva).

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